Il tempo delle mele 2.0. Quando lo smartphone diventa l’oggetto del desiderio

Se fino a pochi anni fa il binomio bambino-smartphone sembrava un ossimoro, è indiscutibile notare quanto i tempi siano cambiati. Sempre più genitori decidono di acquistare un cellulare ai loro figli, a partire dalla scuola primaria. Di fronte alla richiesta di motivazioni, la risposta più frequente risulta essere la necessità da parte di un genitore di poter reperire il proprio figlio sempre ed ovunque.

Dalla ricerca europea The Net Children Go Mobile è risultato che il 46% di preadolescenti e adolescenti, tra i 9 e 16 anni, è in possesso di uno smartphone e il 20% di un tablet. Il 23% degli intervistati riferisce di utilizzare questi strumenti per potersi connettere ad internet ogni giorno.

Se l’esigenza dei genitori è quella di poter reperire il proprio figlio sempre, per i ragazzi si tratta invece della necessità di potersi sentire più vicini ai propri amici. Si tratta di una generazione “sempre connessa”, fin dalla scuola primaria.

Di fronte ai promotori dello smartphone anche tra i più giovani e coloro che vietano questa possibilità, occorre fare chiarezza su quali potrebbero essere i rischi associati ad un uso abnorme del cellulare connesso ad internet, soprattutto tra i preadolescenti.

Accesso a internet senza controllo

La maggior parte dei ragazzini in possesso di smartphone possiede una connessione a internet. L’accesso libero e senza controllo ad internet rischia di essere pericoloso per minori che utilizzano in modo incosciente il loro cellulare. La rete è un mondo parallelo a quello reale, dove difficilmente possiamo trovare regolamenti chiari. La privacy non è sempre al sicuro, specialmente nel caso in cui si utilizzano i social.

Ricordando che ogni genitore ha il diritto/dovere di tutelare la sicurezza del proprio figlio, questa supervisione di un adulto può venire a mancare nel momento in cui un minore ha libero accesso a internet.

Il libero accesso alla rete senza controllo espone i minori, soprattutto i più piccoli, al rischio di imbattersi in contenuti non adatti alla loro età. Un adulto conosce, il più delle volte, i rischi del virtuale ed è in grado di fare da mediatore tra il mondo di internet e le esigenze di navigazione del proprio figlio. Se questo viene a mancare è come se affidaste a un giovane senza patente la guida di una macchina di grossa cilindrata.

Uno smartphone non è indispensabile

Salvo rare eccezioni, i bambini non hanno bisogno di uno smartphone. Anche se una frase del genere può sembrare una presa di posizione, si tratta di una constatazione della realtà. Soprattutto alla scuola primaria, ma anche alla scuola media se è vicino a casa, non ci sono reali esigenze che giustifichino un genitore nell’acquisto di uno smartphone (con tanto di internet) per il proprio figlio. I bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo in ambienti reperibili e nei quali l’uso del cellulare è vietato.

In più, l’uso esagerato di alcuni strumenti tecnologici espone maggiormente i ragazzi ad alcuni fenomeni causati dall’abuso del virtuale. Ricordiamo gli Hikikomori, cioè coloro che rifiutano i contatti con l’esterno a fronte di una totale dipendenza da cellulari e videogiochi, e il Sexting, ovvero la diffusione di immagini o testi sessualmente espliciti attraverso diversi mezzi tra cui internet e cellulari, come due tra le numerose controindicazioni nell’uso della rete.

Abuso dello smartphone: il parental control

Si può ricorrere a strumenti di protezione, come il parental control. Un filtro come questo può servire per monitorare o bloccare l’accesso a determinati siti e impostare il tempo di utilizzo dello smartphone. Il parental control è un ottimo strumento, che però non deve sostituirsi alla supervisione dell’adulto.

Non demonizzare, ma educare

Nonostante i rischi, non si può negare il dato di realtà: è sempre più diffuso il possesso dei cellulari anche tra i giovanissimi e cresce il loro desiderio di far parte del gruppo dei pari, possedendo uno smartphone. Come per l’uso di tablet o di altre tecnologie, è inutile demonizzare lo strumento, ma l’uso che se ne fa. E come spesso accade, il buon senso risulta la migliore risposta – come spiegato dalla Dottoressa Miolì Chiung in questa video intervista di qualche giorno fa.

 

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