Ortoressia, quando mangiare sano diventa un’ossessione

Ossessione per i cibi sani: con queste parole si può riassumere l’ortoressia, un disturbo alimentare che, come appena ricordato, vede il soggetto che ne soffre vivere un rapporto caratterizzato da un’attenzione eccessiva al cibo salutare, che deve essere leggero e avere un impatto positivo con la salute.

Quelle che ho tracciato sono solo delle linee, in quanto non esiste al giorno d’oggi una definizione univoca di ortoressia. Per quale motivo? Prima di tutto perché gli studi su questo disturbo sono relativamente giovani e sono culminati con l’introduzione del termine ‘ortoressia nervosa’ nel 1997.

Si parla quindi di tempi contenuti dal punto di vista clinico ma, nonostante questo, è comunque possibile inquadrare alcuni sintomi che dovrebbero mettere in allarme in merito all’ortoressia. Quali sono? Eccone alcuni dei più evidenti.

Selezione del cibo

Questo è il primo comportamento che deve far sospettare la presenza di una situazione di ortoressia (ricordo che i soggetti più a rischio sono le persone che stanno conducendo una dieta, gli adolescenti e chi svolge un’attività sportiva). L’ortoressico non accetta infatti mai il cibo che gli viene proposto da altri, ma pretende di operare un’accurata selezione personale per controllare che tutto risponda ai suoi criteri. Questo comportamento ossessivo impatta anche sulla preparazione degli alimenti.

Isolamento sociale

L’isolamento sociale, derivante appunto dall’ostacolo della selezione ossessiva del cibo e dalle difficoltà nel condividere con altri i momenti in cui lo si consuma, rappresenta un altro campanello d’allarme legato all’ortoressia.

Cali di autostima

Nell’ortoressico i cali di autostima fanno la loro comparsa soprattutto quando sopraggiunge una violazione alle regole auto imposte.

Ortoressia: cosa fare?

L’ortoressia, che si differenzia da altri disturbi alimentari come bulimia e anoressia perché non è caratterizzata da condotte espulsive, riguarda molto spesso gli adolescenti. Cosa fare quando ci si accorge che il proprio figlio ha comportamenti che rientrano nei sintomi? Il primo passo consiste nel contattare un terapeuta che, dopo un’anamnesi della situazione psicologica del paziente, valuterà il trattamento migliore da seguire, optando in alcuni casi per una terapia di natura sistemico relazionale, che può scavare alla radice di eventuali problemi dovuti all’ambiente in cui il soggetto ‘è cresciuto.

Prevenire sin dall’infanzia

Compito dei genitori è quello di prevenire fin dai primi anni dell’infanzia. In che modo? Lavorando sull’autostima dei figli e facendo così in modo che l’adolescenza, un periodo durante il quale è naturale vivere un conflitto con il corpo che cambia, non sia caratterizzata da una totale mancanza di accettazione della propria persona e dalla paura nei confronti del mondo esterno, che deve essere visto prima di tutto come portatore di novità positive e non come una fonte continua di pericoli.

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