Depressione: una psicopatologia genetica

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Psychiatry ha individuato tre geni che potrebbero avere una correlazione con lo sviluppo della despressione.


Fox01, A2M e TGF- β1 sono questi i geni che, secondo lo studio, potrebbero permettere di prevedere la comparsa di questa psicopatologia. Non è di certo nuova l’ipotesi che la depressione abbia un’origine genetica, tant’è che, in un’ analisi multifattoriale rispetto ai possibili indicatori della malattia ci sarebbero anche indicatori biologici oltre che psicologici.

Sintomi della depressione

Il Disturbo Depressivo Maggiore è una patologia che rientra nei disturbi dell’umore. Si tratta di una patologia invalidante, il cui quadro sintomatologico viene così descritto dal DSM V:

Umore depresso per la maggior parte del giorno, per la maggior parte dei giorni (es. sentirsi triste, vuoto, senza speranza). Nei bambini e negli adolescenti l’umore può essere irritabile.

Marcata diminuzione dell’interesse o del piacere nel fare qualsiasi cosa, per la maggior parte della giornata, per la maggior parte dei giorni.

Significativa perdita di peso o aumento di peso, perdita o aumento dell’appetito nella quasi totalità dei giorni.

Agitazione psicomotoria o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno (l’alterazione della motricità deve poter essere osservata dagli altri, non è sufficiente la sensazione soggettiva di agitazione o rallentamento)

Fatica e perdita delle energie per la maggior parte dei giorni

Sentimenti di indegnità o sensi di colpa eccessivi o inappropriati per la maggior parte dei giorni.

Maggior difficoltà nel pensare e restare concentrati, oppure patologica indecisione, per la maggior parte dei giorni.

Ricorrenti pensieri di morte (non solo paura di morire), ricorrenti ideazioni suicidarie senza una programmazione specifica, oppure tentativi di suicidio o piano precisi per commettere suicidio.

Per poter procedere con una diagnosi di depressione devono essere presenti almeno cinque dei sintomi sopraindicati per una durata di tempo di almeno due settimane. Si tratta di una vera e propria crisi depressiva, che porta chi ne soffre in uno stato di totale disperazione e ad una compromissione sociale importante.

La depressione è una psicopatologia invalidante

Gli effetti del Disturbo Depressivo Maggiore possono essere notati in diversi ambiti: cognitivo, comportamentale, somatico.

Dal punto di vista cognitivo la patologia compromette significativamente la capacità di condurre pensieri funzionali. Il mondo viene visto con una lente che distorce la realtà e ne mostra solo gli aspetti negativi.

Dal punto di vista comportamentale vi è una perdita generale di interesse nel compiere attività (apatia) o piacere nell’intraprenderle (anedonia). Persone affette da depressione possono potenzialmente arrivare a trascorrere l’intera giornata a letto, privi di qualsiasi stimolo che li aiuti ad alzarsi, senza alcuna intenzione di gestire il proprio corpo e la sua cura.

Vi è uno stato di abbandono totale alla disperazione, con una sensazione di vuoto interiore che spesso si alterna ad ansia e sensi di colpa, ma anche con l’idea di non provare più sentimenti verso i propri cari.

Solitamente un paziente che soffre di depressione si presenta ad uno specialista in media dopo due anni dalla comparsa delle crisi depressive. In questo tempo probabilmente le capacità di resilienza della persona non sono state sufficienti per affrontare il problema.  Due anni sono però un periodo di tempo importante e invalidante per chi soffre di depressione.

La depressione può essere ereditaria?

In un ottica multifattoriale è importante considerare che non può essere un solo fattore il responsabile della comparsa di una psicopatologia. La presenza di un patrimonio genetico specifico, come dimostrato nell’ultima ricerca scientifica citata, piuttosto che alcune disfunzioni di carattere chimico/biologico, possono di fatto evidenziare una forte vulnerabilità alla malattia. L’interazione con fattori temperamentali, quindi con la nostra personalità, e ambientali, sia a livello familiare che sociale, può contribuire allo sviluppo della malattia.

Trattandosi di una patologia complessa, riuscire a individuarne precisi fattori responsabili della comparsa diventa quindi fondamentale, al fine di lavorare non più sulla diagnosi e sulla terapia ma anche sulla prevenzione.

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