Ad ogni problema la sua medicina. L’uso (e l’abuso) di psicofarmaci tra i giovani

Quando si parla di l’adolescenza spesso si vuole rimarcare il senso di spensieratezza e incoscienza che si può vivere in quegli anni.  Un adolescente vive un turbinio di emozioni, senza troppi freni, all’interno di un corpo ormai adulto. Non sempre la maturità cognitiva coincide in questi anni con quella fisica, la mente si annoia facilmente e cerca emozioni estreme, senza badare alle conseguenze.

Il disagio giovanile non è un’invenzione e forse troppo spesso viene sottovalutato dagli adulti, per i quali l’adolescenza è ormai un ricordo lontano. Questa fase dello sviluppo viene spesso associata all’abuso di droghe e alcol, lasciando in ombra una nuova dipendenza, apparentemente legale: l’uso di psicofarmaci tra i giovani.

Gli psicofarmaci tra i giovani sono sempre più diffusi

Ansiolitici, antidepressivi e calmanti. In Italia si sta assistendo ad una vera e propria diffusione di psicofarmaci tra i giovani. Secondo un recente studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, Espad Italia (European school survery project on alchol and other drugs), i maggiori consumatori di psicofarmaci risultano essere proprio i ragazzi italiani: il 10% dei giovani rispetto alla media europea del 6%. Il dato ancora più grave fornito da questa ricerca assocerebbe questo consumo in assenza di prescrizione medica.

I medicinali più diffusi sono i sonniferi, utilizzati in maggioranza dalle ragazze, seguono poi gli altri psicofarmaci: quelli che aiutano nello studio, che calmano una presunta iperattività non diagnosticata, gli ansiolitici, i farmaci per regolare l’umore, per far passare la fame, e così via.

Cosa spinge un adolescente a ricorrere agli psicofarmaci?

In questo caso entrano in gioco più fattori: in primis la capacità di resilienza e il temperamento del giovane. Ognuno di noi nasce con un temperamento ben definito, che si adatta in conseguenza delle esperienze vissute e alle cure ricevute. Parallelamente a ciò si modella e si sviluppa la nostra capacità di resilienza, cioè di risposta adattiva agli eventi. Un soggetto giovane, con delle fragilità a livello temperamentale può essere più facilmente esposto, fin dalla prima infanzia, a disturbi d’ansia o a psicopatologie, che devono però essere certificate.

Per quanto concerne il contesto ambientale si sta osservando un livello alto di competitività tra i giovani, tale da poter incrinare la stabilità emotiva di alcuni. Effettivamente viviamo in una società dove la performance conta molto, dove spesso i voti vengono interpretati come giudizi personali e l’etichettamento da parte di docenti, di amici o dei familiari ingabbia fortemente la personalità in divenire di un giovane.

Un ruolo importante è attribuibile ai genitori e alle loro aspettative. La lotta tra “figlio reale” e “figlio ideale” è spesso presente, e nella maggior parte dei casi le conseguenze vengono assorbite quotidianamente dai ragazzi. Non sentirsi all’altezza delle aspettative altrui, non accettarsi per ciò che si è sono purtroppo pensieri ricorrenti che possono spingere a cercare in un rimedio esterno un calmante, un alleato.

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Anche la tutela estrema da parte dei genitori può inficiare la percezione delle proprie sicurezze. Un ragazzo abituato da sempre a essere iperprotetto dalla madre e dal padre vivrà molte più difficoltà ad affrontare un problema, a gestire l’ansia, nel momento in cui deve farlo da solo.

Il problema dell’auto-diagnosi

Non dimentichiamoci infine che gli psicofarmaci sono socialmente accettati. Non desta particolare scalpore un adolescente che ricorre a qualche farmaco “innocuo” per gestire le preoccupazioni o l’insonnia. Nel binomio “buoni” e “cattivi” lo psicofarmaco risulta erroneamente buono, mentre solo il consumo di droga e alcol viene stigmatizzato.

Purtroppo invece il problema è grave e sempre più diffuso. Le conseguenze da abuso di psicofarmaci tra i giovani sono presenti e spesso meno evidenti rispetto a quelle presenti nei tossicomani, ma non per questo meno preoccupanti.

Per questi giovani è come se ci fosse l’idea che senza un aiuto esterno non ce la potessero fare. “La mia ansia me la gestisco io”.

È bene ricordare però che i limiti tra ansia funzionale e disfunzionale, tra normale e patologico, sono ben definiti e devono essere accertati da uno specialista. Non si tratta di una scelta aleatoria, non si possono fare auto-diagnosi, ci sono analisi specifiche che psicologi, neuropsichiatri e specialisti in ambito sanitario devono fare.

Inoltre, è risaputo in ambito scientifico che, anche di fronte alla necessità di somministrazione di uno psicofarmaco, la soluzione più efficiente risulta essere nella maggior parte dei casi la combinazione tra farmaco e terapia.

In questa situazione il ruolo genitoriale diventa fondamentale per comprendere, anche attraverso l’aiuto del pediatra, se effettivamente ci siano gli estremi per richiedere un approfondimento clinico della situazione.

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