Punizioni o non punizioni? Questo (non) è il dilemma

Nel corso dei decenni si è iniziato a parlare sempre più spesso di educare senza punizioni. Ma in questo senso, purtroppo, tutto ciò che poteva essere travisato è stato travisato.

 

Il disorientamento rispetto agli stili educativi da intraprendere con i propri figli è spesso oggetto di dibattito, non solo in ambito psicologico, ma e, soprattutto, in ambito sociale. Alcuni fatti di cronaca relativi ad aggressioni da parte di ragazzi verso i più deboli, riportano sempre in evidenza una grande crepa da parte di tutto il sistema rispetto a ciò che non sta di fatto funzionando rispetto all’educazione dei bambini e dei giovani.

Educare all’empatia

La prima grande lacuna riguarda la scarsa educazione all’affettività e all’empatia. Nasciamo tutti con la potenziale capacità di “metterci nei panni dell’altro”, ma capita spesso che l’individualismo e una visione egocentrica del mondo si protragga a tal punto da depotenziare anche la nostra empatia.

Il problema più grande è che, come il linguaggio, come i rituali sociali, come la comunicazione, anche l’empatia deve essere sperimentata fin da piccoli, altrimenti resterà un elemento sempre più estraneo al nostro modo di vivere e di percepire l’altro. Non si nasce necessariamente affettuosi, ma il vivere in una famiglia che educa alle emozioni, dando per prima il buon esempio, unitamente al vivere la comunità (scuola, sport, eccetera) è un allenamento quotidiano per uscire dal proprio guscio individualista.

La punizione come metodo educativo

Il secondo punto dolente riguarda l’idea che al giorno d’oggi si debba educare senza punizioni. In questo senso si può dire che tutto ciò che poteva essere travisato è stato fatto.

Nel corso dei decenni abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione genitoriale in positivo. La genitorialità autoritaria, fatta di “Sì perché te lo dico io e No perché è così, punto” ha lasciato spazio ad un legame più di empatico. L’autorità ha lasciato il posto all’autorevolezza e così le regole, come lo stile educativo, sono state interpretate con un altro punto di vista, sicuramente meno rigido.

Per approfondire: Premi o punizioni? L’eterno dilemma nell’educazione dei figli

L’autorevolezza si basa sull’ascolto, sulla tutela ma anche sullo stimolo a raggiungere un nuovo grado di autonomia. La comunicazione genitori e figli diventa più profonda. In questa visione emotiva della genitorialità c’è posto per le gratificazioni verso i figli, non si vede più solo quello che non va, ma si premia il comportamento adeguato. Questa visione non esclude in alcun modo la punizione. Il termine più adeguato e forse più adatto al giorno d’oggi potrebbe essere “conseguenza delle proprie azioni”. Quando si parla di patto educativo si evidenzia questo: la necessità di dare un peso alle azioni compiute e alle conseguenze. Un’implicazione logica dunque che prevede un “se” e un “allora”: “se ti comporti in questo modo allora succede questo”.

L’intervento genitoriale a volte, con il desiderio di (iper)tutelare il proprio figlio interviene sulle conseguenze, causando così una deresponsabilizzazione del bambino/ragazzo.

All’interno delle conseguenze ci sono le controverse punizioni, le quali dovrebbero essere accompagnate da una comunicazione sempre aperta e da genitori pronti a spiegare le conseguenze delle azioni, al fine di estinguere quella modalità poco educata o quel comportamento errato del figlio.

Sbagliando si impara

“Sbagliando si impara” è un modo di dire che deve restare tutt’oggi attuale, perché prima o poi gli errori si commetteranno e bisognerà essere abbastanza maturi da accettare di aver sbagliato ed assumersi le proprie responsabilità.

Come sempre lavorare sulla prevenzione è la migliore strategia per evitare di ricorrere, quando si può, alle tanto temute punizioni.

 

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