Siete genitori ansiosi? Ecco come gestire le vostre preoccupazioni

Ogni genitore ha come grande preoccupazione quella di proteggere i propri figli da ogni pericolo. La quotidianità che viviamo ci bersaglia di notizie negative, relative ad aggressioni verso i bambini, bullismo, violenza nei luoghi apparentemente più sicuri, provocando in molti genitori la paura che il pericolo sia dietro l’angolo e che, oramai, non ci siano più posti sicuri.

In ambito scolastico spesso le mamme e i papà riportano la loro apprensione verso possibili angherie nei confronti dei propri figli. Compagni di classe dal carattere più dominante e aggressivo spesso si rapportano con i pari in una relazione disequilibrata: esiste un leader, anche negativo, e un gruppo, che lo segue qualsiasi cosa venga da lui richiesta.

Di fronte alla comprensibile reazione emotiva di un genitore preoccupato ci sono alcune considerazioni alle quali si può rispondere e fornire alcuni consigli.

Mi rivedo in mio figlio e vorrei proteggerlo

«Mi rivedo in mio figlio e vorrei proteggerlo: da bambino anche io ero così vorrei evitare che viva le mie stesse esperienze». Errato. Voi non siete i vostri figli. Ogni individuo si distingue per una propria personalità. Ci potrà essere un’ereditarietà su alcuni tratti temperamentali ma non bisogna commettere l’errore di mettersi sullo stesso piano del figlio, rivangando esperienze proprie che, verosimilmente, non vivrà il bambino. Il contesto ambientale che sta vivendo vostro figlio ha tempi, luoghi e spazi diversi dai vostri. Per quanto in queste situazioni l’emotività prevalga, è sempre meglio analizzare le proprie preoccupazioni partendo da un piano di realtà, dal “qui ed ora”, e non da esperienze nostre d’infanzia lontane nel tempo.

Mio figlio non mi ascolta

«Mio figlio non mi ascolta. Quando siamo in giro fa sempre quello che vuole lui. Io gli dico di stare attento ai pericoli ma sembra non capire». Dipende. Una cosa importante che noi adulti dovremmo fare sempre è cambiare punto di vista, osservando la situazione con gli occhi di un bambino. Nel momento in cui vogliamo avvertirlo dei pericoli, non dobbiamo trasferirgli la nostra preoccupazione con motivazioni di difficile comprensione. «Stai attendo che se non ti vedo più potrebbero rapirti», «Se corri troppo veloce potrebbero investirti”, “Devi stare vicino alla mamma/papà perché ci sono molti sconosciuti malintenzionati», sono tutte frasi comprensibili e giustificabili, ma per noi adulti. Un bambino probabilmente ha difficoltà a immaginarsi di essere rapito, non si visualizza lo sconosciuto con cattive intenzioni. Si tratta di preoccupazioni degli adulti e come tali risultano poco efficaci. Richiami del genere vengono assecondati per paura di far arrabbiare il genitore e non per una reale comprensione dei pericoli.  Forniamo invece spiegazioni semplici, che possano essere ben comprese dai figli, come ad esempio «Stai vicino alla mamma/papà, perché se corri troppo veloce non ti vedo più», «Non allontanarti troppo perché rischi di perderti e poi mamma e papà si preoccupano e devono cercarti»

Preferisco tenerlo a casa al sicuro

«Ci sono situazioni troppo pericolose, ho paura, preferisco tenerlo a casa al sicuro». Dipende. I bambini dovrebbero vivere le loro esperienze. Attraverso la sperimentazione imparano a relazionarsi con gli altri, a conoscere il proprio carattere e a capire ciò che si può fare e ciò che è rischioso. Pur premettendo che situazioni di estrema difficoltà sono escluse da questa analisi, il modo migliore per affrontare situazioni che ci angustiano è quello di accompagnare i figli in queste situazioni, facendo percepire loro la nostra presenza, intervenendo al momento opportuno, se necessario. Evitare la situazione temuta non risolve il problema, lo rimanda solamente.

Ricordiamoci perciò che l’emotività è importante nel fornire a noi adulti un campanello d’allarme, ma per essere utile deve andare di pari passo con un riflessione razionale.

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